Sinonimi: Trisomia 21; mongolismo (nome popolare)
Nome Inglese: Down’s Syndrome (DS); Trisomy 21
Sinonimi: Trisomia 21; mongolismo (nome popolare)
Nome Inglese: Down’s Syndrome (DS); Trisomy 21
La sindrome di Down, detta anche trisomia 21 e comunemente indicata con il nome di "mongolismo", è la più frequente forma di ritardo mentale.
Prende il nome dal dottor John Langdon Down, che per primo la descrisse nel 1866.
I caratteri fisici delle persone affette dalla sindrome di Down sono riconoscibili e ben noti alla maggior parte delle persone: tipici sono gli occhi a mandorla (da qui il nome di mongolismo), il naso corto, il ponte nasale stretto, la bocca spesso aperta con lingua tozza e protundente, le dita tozze. La sindrome di Down è molto comune: in Italia si stima che le persone affette siano circa 40mila.
La sindrome di Down è causata dalla presenza nel patrimonio genetico di un cromosoma 21 in più.
Normalmente, nell’Uomo sono presenti 46 cromosomi in ogni cellula, 23 di origine materna e 23 di origine paterna. Ogni persona possiede quindi, in ogni cellula, due copie di ogni cromosoma (con l’eccezione dei cromosomi sessuali X e Y). Nelle persone affette da sindrome di Down il cromosoma numero 21 è presente invece in triplice copia. Per questo si parla di trisomia 21.
- Nella maggior parte dei casi (quasi il 90% la trisomia 21 è dovuta ad un meccanismo chiamato non disgiunzione. In questi casi la trisomia è definita primaria.
- In un numero molto più basso di casi la trisomia è dovuta ad un processo chiamato traslocazione.
Durante la formazione dei gameti (ovuli e spermatozoi) le coppie di cromosomi uguali fra loro devono separarsi e ogni cromosoma deve andare in un gamete diverso. In questo modo ogni ovulo avrà così 23 cromosomi (che sommati ai 23 dello spermatozoo del padre daranno un embrione normale con 46 cromosomi).
La non disgiunzione ha origine quando questo meccanismo non funziona correttamente: in uno o più gameti le coppie di cromosomi 21 non si separano. Questo succede soprattutto negli ovuli materni e molto più raramente negli spermatozoi. L’ovulo o gli ovuli che ne risultano avranno così una copia in più del cromosoma 21 rispetto al normale.
Non si conoscono le cause della non disgiunzione, tuttavia un dato certo è che il rischio aumenta di pari passo con l’aumentare dell’età materna.
La trisomia 21 dovuta a non disgiunzione è anche detta trisomia primaria.
La trisomia primaria può essere di due tipi:
Trisomia primaria omogenea: la trisomia è presente in tutte le cellule della persona Down. Questo avviene in circa il 90% dei casi.
Trisomia primaria a mosaico: la trisomia è presente solo in una parte delle cellule dell’individuo Down. Questo avviene in circa il 5% dei casi. I sintomi possono essere meno gravi rispetto alla trisomia primaria omogenea, a seconda del numero di cellule che possiedono la trisomia.
Questo succede raramente, in circa il 10% dei casi di sindrome di Down.
Nella sindrome di Down dovuta a traslocazione le persone affette hanno apparentemente un numero normale di cromosomi. In realtà possiedono tre copie del cromosoma 21, ma una di queste (o una parte importante) è fusa ad un altro cromosoma.
Il processo di fusione di due cromosomi (o parte di essi) si chiama traslocazione.
Le persone affette da sindrome di Down dovuta a traslocazione nascono in genere da genitori perfettamente normali, di cui uno (generalmente la madre) è portatore della traslocazione.
I genitori non hanno nessun sintomo perché possiedono una traslocazione di tipo bilanciato: hanno cioè una copia normale del cromosoma 21 più una copia fusa ad un altro cromosoma, perfettamente funzionante. Hanno quindi una quantità di materiale genetico normale, anche se distribuita in modo anomalo.
Questi genitori possono però trasmettere la copia traslocata insieme a quella normale, dando così alla luce figli affetti da trisomia. Anche in questo caso (per ragioni sconosciute) il rischio di trasmettere la traslocazione è più alto per la madre rispetto al padre, ma è indipendente dall’età materna.
No. Nei due casi i sintomi sono gli stessi e senza le analisi appropriate (vedi sotto) è impossibile stabilire se una persona Down sia affetta da trisomia primaria o in seguito a traslocazione. È però importante sapere se esista una traslocazione, perché influenza la probabilità degli stessi genitori di avere altri figli Down (vedi sotto).
Non esiste ancora una risposta certa a questa domanda. Quello che si sa è che il cromosoma 21 contiene numerosi geni importanti per il funzionamento dell’organismo, la cui presenza in triplice copia potrebbe causare alcuni sintomi della DS.
Nessuno di questi geni, però, è stato finora riconosciuto responsabile in modo sicuro di uno o più sintomi della sindrome di Down, né tantomeno del ritardo mentale.
Oltre al caratteristico aspetto fisico, le persone Down possono presentare diversi problemi, che si possono manifestare in modo più o meno grave:
- il ritardo mentale e il ritardo nella crescita sono sempre presenti, ma in forma molto variabile;
- possono essere presenti difetti cardiaci;
- un parziale deficit delle difese immunitarie, che rende le persone Down più suscettibili alle infezioni rispetto alla media;
- altri disturbi, come epilessia, costipazione o celiachia, possono essere presenti, in modo molto variabile da persona a persona.
L’esame diagnostico per la sindrome di Down, come per tutte le anomalie cromosomiche, consiste nell’analizzare e fotografare al microscopio, con particolari tecniche, i cromosomi di alcune cellule prelevate al paziente (di solito cellule del sangue). È così possibile evidenziare la presenza di trisomia primaria oppure di traslocazioni. Questo tipo di analisi è detta analisi del cariotipo. Spesso viene indicata anche con il nome più generico di analisi citogenetica.
Attualmente, non esiste alcun trattamento in grado di guarire o prevenire la sindrome di Down. L’unica importantissima terapia che permette di ottenere uno sviluppo armonico e un buon inserimento scolastico, sociale e lavorativo è quella riabilitativa.
Questa deve essere iniziata fin dai primi mesi di vita e può dare risultati estremamente positivi. I primi tre anni, infatti, sono molto significativi per quanto concerne la successiva organizzazione delle abilità cognitive e di socializzazione delle persone Down.
Altri interventi di tipo medico potranno essere necessari per risolvere i problemi eventualmente connessi con la sindrome di Down: problemi cardiaci, facilità di infezioni etc...
Un tempo, le persone affette da sindrome di Down avevano una prospettiva di vita molto inferiore (in qualità e durata) rispetto alle persone sane. Oggi la situazione è notevolmente migliorata: gli interventi cardiaci (quando necessario), il trattamento delle infezioni e in generale le cure migliori che oggi sono disponibili permettono alle persone Down di vivere sempre più a lungo, anche se l’aspettativa di vita è ancora statisticamente di 10-15 anni inferiore alla media.
Anche la qualità della vita è notevolmente migliorata: oggi è chiaro che molte persone Down, se correttamente seguite fin dai primi mesi di vita, possono sviluppare numerose capacità, essere in certa misura autonome, lavorare ed avere un vita di relazione più che soddisfacente. Nonostante le limitazioni nelle capacità cognitive e i problemi dovuti alla malattia, i bambini che nascono oggi affetti da sindrome di Down hanno davanti a sé la possibilità di un’esistenza serena, fino alla vecchiaia.
Nel 98% dei casi la sindrome di Down non è ereditaria, cioè i bambini affetti nascono da genitori perfettamente normali.
Il fattore di rischio più importante identificato finora riguarda l’età della madre.
Numerosi studi sulla popolazione hanno permesso di valutare le probabilità di dare alla luce figli Down in funzione dell’età materna. Anche le donne più giovani possono avere figli Down, ma con una probabilità molto più bassa rispetto alle donne di età superiore ai 35 anni: una donna fra i 35 e 40 anni ha una probabilità di avere un figlio Down 10 volte superiore rispetto ad una ragazza con meno di 19 anni.
Esiste un esame specifico che permette di stabilire se la gravidanza è a rischio per la sindrome di Down. Si tratta del cosiddetto tri-test, che si basa sul fatto che la quantità di alcune sostanze presenti nel sangue materno (per la precisione: alfa fetoproteina, estriolo non coniugato e betagonadotropina corionica) si modifica significativamente, nel II trimestre di gravidanza, se il feto è affetto da trisomia 21.
La combinazione di questi valori, dell’età materna e dell’epoca di gestazione si chiama tri-test, e consente di valutare la probabilità di avere un feto affetto da DS.
È importante sottolineare che il tri-test non ha valore diagnostico, ma fornisce una percentuale statistica di rischio. Solo se il rischio risulta più alto della media il medico procederà eventualmente (seguendo il volere dei genitori) all’esame del cariotipo fetale.
Le persone portatrici di una traslocazione bilanciata del cromosoma 21, come si è detto, sono assolutamente sane. Il sospetto quindi può nascere solo se si hanno figli Down o se esistono casi di DS nella storia familiare. L’analisi del cariotipo eseguita sulla persona Down potrà dire se esista o meno una traslocazione. In caso positivo, i genitori potranno sottoporsi a loro volta all’esame del cariotipo, per stabilire se sono portatori della traslocazione.
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